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Dott.ssa Filomena Petrazzuolo - Psicologa Psicoterapeuta - Dott.ssa Filomena Petrazzuolo - Psicologa Psicoterapeuta

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Copione cluturale


L’argomento di questo mio lavoro, e la voglia di approfondirlo, nasce da un momento rivissuto nel percorso di analisi personale: lo psicoterapeuta, ascoltato il mio disagio ed elaborato uno schema berniano alla lavagna concluse dicendo: ”qui stiamo parlando del tuo genitore culturale interiorizzato…” in quel momento tutto mi fu chiaro, potei dare nome e senso a quella spinta che mi faceva sentire vergogna ad ogni sguardo dei miei paesani al mio passaggio. "Genitore culturale interiorizzato...", mi ripetevo, e più lo facevo e più mi spiegavo la mia storia, il mio copione, mia mamma e i suoi atteggiamenti, mio padre e i suoi comandamenti…

Da allora non ho più abbandonato questo concetto che ho poi interpretato come principio ordinatore di tutte le cose, dentro di te e fuori da te, “strumento” ad altissima funzione sociale.

Dallo svelamento, al battesimo, dal battesimo alla conversione, dalla conversione alla curiosità e dalla curiosità alla passione. Questi i passaggi che mi hanno portato ad esplorare centinaia di pagine, tutto, o quasi, era possibile spiegare col copione culturale, stragi, catastrofi, vittorie, conquiste, drammi, diluvi, piccole tragedie quotidiane, multe e contravvenzioni, pizza e verginità… era  la cultura dei popoli.
Pur nella nostra individualità, data dal nostro personale Sistema di Riferimento, l’ipotesi che mi appassiona portare avanti, è dettata dall’idea che ogni famiglia, paese, città, nazione faccia da contenitore, bacinella di “brodo di coltura” che si autoalimenta del Genitore culturale e che accomuna tutti con intensità diverse.

Il genitore culturale è nel G2 di tutti, proprio come i geni nel DNA, il GC si trasmette  tramite la storia e le sue generazioni a dispetto di chi parla di scomparsa di valori, ruoli e tradizioni.
I valori cambiano come cambiano i tempi, non si parla qui di immobilità di questi, bensì d’integrazione e di evoluzione degli stessi, tenendo conto della loro matrice, le culture cambiano ma mantenendo una logica propria. Un uomo senza storia è un uomo senza strada.   

Placato il furore e dato spazio ai dubbi, ha ancora senso parlare di genitore culturale? Non si rischia di risultare anacronistici, e se no, fino a quando se ne potrà ancora parlare?
Finché qualcuno ci precede e finché teniamo a raccontarci, questa la risposta alla quale sento di essere pervenuta.

Non sarà mia intenzione dimostrare in questa sede la dimensione deterministica che il concetto di Genitore culturale può indurre a ritenere, ma è mia intenzione in primo luogo “consapevolizzarne” l’esistenza, e in secondo mostrarne la potenza, la forza e la resistenza che lo caratterizzano, elementi che in un percorso di terapia se non tenuti nella giusta considerazione possono compromettere il buon esito della stessa.
Tanti gli spunti di riflessione in questo lavoro tante le possibilità di approfondimento, ho preferito analizzarne un piccolo aspetto riservandomi ulteriori approfondimenti per altri scopi e sedi.
Nella prima parte ho trattato della base teorica che sostiene il concetto di copione culturale e Genitore culturale, secondo la visione di alcuni studiosi del settore.
Nella seconda parte un piccolo contributo su quello che ritengo sia possibile come ipotesi di lavoro col GC in un percorso di psicoterapia.


Il Genitore Culturale    


Prima di parlare di Genitore Culturale ritengo sia necessario esporre alcuni brevi cenni sul concetto analitico transazionale di Stato dell’Io, ed in particolare approfondire lo Stato dell’Io Genitore, che svolge una parte particolarmente importante nella formazione dei sistemi di riferimento, che vengono strutturati dal GC, influenzando il processo di copione.
Inoltre ritengo necessario accennare anche ai concetti di “ingiunzione” e “controingiunzione”, elementi fondamentali per l’individuazione di specifici GC.
Inoltre è mia intenzione accennare alla visione della strutturazione del tempo secondo Berne che individua, fra i modi di soddisfare il bisogno di struttura, quello del rituale, con una familiare interazione sociale pre-programmata dallo stato dell'Io Genitore, che mette in atto apprendimenti rigidi e strutturalmente condivisi nell’ambito ristretto di una cultura.


Cenni generali sullo Stato dell'Io Genitore

Per stato dell'Io Genitore intendiamo tutto l'insieme di pensieri, emozioni e comportamenti che abbiamo copiato dai genitori e dalle figure genitoriali. Così nel modello strutturale il contenuto del Genitore è definito come l'insieme delle traccie mnemoniche di questi pensieri, emozioni e comportamenti genitoriali.
In linguaggio formale diciamo che sono delle introiezioni genitoriali. Introiettare una cosa è come inghiottirla invece di masticarla e digerirla, ed è ciò che tipicamente fanno i bambini riguardo ai modelli genitoriali.
Un bambino vive per gran parte del tempo i propri genitori come fonti di comando e di definizione del mondo. Cosi il contenuto del genitore (normativo) consisterà prevalentemente di questi comandi e definizioni. “Non mettere le mani sul fuoco”, “Il mondo è un posto buono, cattivo, bello, pauroso”. A queste parole si accompagnano i ricordi dei gesti, del tono di voce e delle espressioni emotive che allora li accompagnarono.
Nel modello strutturale di secondo ordine cominciamo col dividere il Genitore secondo la persona da cui proveniva ciascun messaggio ricordato. Per la maggior parte delle persone si tratterà della madre o del padre. Forse anche i nonni furono figure importanti e un loro ruolo lo hanno spesso anche gli insegnanti. Il numero e l'identità delle persone che hanno costituito il nostro Genitore sono particolari per ciascuno di noi.
È importante dire che per i Goulding, il Genitore è considerato come la somma delle opinioni, delle emozioni e dei comportamenti che una persona sceglie di incorporare a un livello verbale, di memorie consce, in aggiunta al Genitore che questa persona crea per se stessa e continua a creare per tutta la vita.
Lo stato dell'Io Genitore è qualcosa di più che una serie introiettata di “nastri registrati che girano in testa”. Esso è costituito da incorporazioni selezionate e dai processi creativi del Bambino (PP) e dell'Adulto della persona. (1)
Berne, a differenza dei Goulding, considerava invece l'introietto dello stato dell'Io Genitore come qualcosa di automatico piuttosto che come una scelta fatta dalla persona nel corso del suo sviuppo. I coniugi Goulding invece ritengono che la persona filtri e scelga che cosa ascoltare, in relazione a dove essa si trova sul piano psicologico e su quello fisico, e a che tipo di sistemi di sostegno ha a disposizione (fratelli, nonni, amici, intimi). Le persone introiettano genitori per tutta la vita, dai genitori reali e da figure importanti nella loro vita, e anche da figure che essi stessi creano.
Il bambino sviluppa il suo stato dell'Io Genitore primario non-verbale, preverbale (G) a partire da introiezioni delle persone che lo circondano. Questo stato dell'Io è costituito da immagini, suoni e interpretazioni che il bambino dà di queste immagini e suoni. Più tardi essi vengono tradotti in parole normative, affettuose, esigenti così come gioiose, giocose, amorevoli.
Il Genitore verbale (G), secondo i Goulding, si sviluppa più tardi, e comprende, oltre a comportamenti e sentimenti imitati, opinioni parentali e regole di vita. Religione, fie moralità sono parte del Genitore. (2)
Strutturalmente, lo stato dell'Io Genitore è diviso in tre parti: il Genitore, l'Adulto e il Bambino dei genitori reali. Per esempio, un cliente, ascoltando la registrazione della sua voce mentre si comporta in modo genitoriale, potrebbe riconoscere immediatamente la voce, l'inflessione, dei rimproveri genitoriali di sua madre, e più tardi il tono di voce del Bambino stanco di suo padre che brontola, come quando il padre tornava a casa stanco dal lavoro. Dunque c’è differenziazione tra il Bambino e il Genitore del genitore reale.
È possibile dividere il Genitore in struttura e funzione. Funzionalmente il Genitore è diviso fra affettivo e normativo.


Controingiunzioni

Le controingiunzioni sono messaggi provenienti dallo stato dell'Io Genitore dei genitori, messaggi restrittivi che, se vengono seguiti, possono impedire la crescita e la flessibilità. Comprendono le “spinte” elencate da Taibi Kahler:  “Sii forte”; “Sforzati”; “Sii perfetto”; “Sbrigati” e “Fallo per me”. (3)
Le controingiunzioni comprendono anche gli stereotipi religiosi, razziali e sociali che si trasmettono di generazione in generazione. Anche le donne che si ritengono emancipate spesso cucinano e puliscono la casa in aggiunta alla loro occupazione regolare, perché credono ancora alla controingiunzione secondo la quale il posto di una donna è a casa
Le controingiunzioni sono ovvie, espresse a parole, e non sono se Chi dà una controingiunzione crede che quello che dice sia giusto e difenderà le proprie posizioni: “Certo che le donne devono stare a casa! Che ne sarebbe dei bambini se le donne non accettassero le proprie responsabilità?”. Ciò è molto diverso dal comportamento di chi dà ingiunzioni; quest'ultimo le dà segretamente e non è consapevole dell'effetto delle proprie parole. Se a un genitore viene detto che ha ingiunto a suo figlio di non esistere, egli sarà indignato e incredulo, e affermerà che non ha mai inteso nulla di simile.
A volte, sia l'ingiunzione che la controingiunzione dicono la stessa cosa. Da tutti i suoi stati dell'lo, un genitore può dire a un bambino di non esistere, di non essere importante, di non crescere. In casi del genere, è molto difficile per il bambino rifiutare i messaggi.


Ingiunzioni

Le ingiunzioni sono messaggi provenienti dallo stato dell'lo Bambino del genitore, emessi in relazione alle sofferenze personali del genitore: infelicità, angoscia, delusione, rabbia, frustrazione, desideri segreti.
I Goulding (4) hanno stilato una lista di queste ingiunzioni che non esaurisce tutte le possibilità; senza dubbio ci sono molti altri messaggi che i genitori inviano, e in base ai quali i bambini agiscono o non agiscono. Tuttavia, questa breve lista di ingiunzioni generali mette in grado il terapeuta di ascoltare meglio quello che dice il paziente e migliorare cosi il suo piano terapeutico.
Ecco la lista di base: Non. Non essere. Non entrare in intimità. Non essere importante. Non essere un bambino. Non crescere. Non avere successo. Non essere te stesso. Non essere sano di mente. Non stare bene in salute. Non far parte.
Non
: Questa ingiunzione è data da genitori che hanno paura. A causa della loro paura, essi non permettono al bambino di fare molte cose normali: non avvicinarti alle scale (al bambino che trotterella appena); non arrampicarti sugli alberi; non pattinare, ecc. A volte questi genitori non volevano il bambino, riconoscono il loro desiderio primitivo che il bambino non esista e, sentendosi in colpa e terrorizzati dai loro stessi pensieri, diventano iperprotettivi. Altre volte il genitore diventa fobico, psicotico o iperprotettivo dopo aver perduto altri bambini a causa di una malattia o di un incidente. Man mano che il bambino cresce, il genitore si preoccuperà di qualsiasi azione il bambino pro e dirà: “Ma forse sarebbe meglio se tu ci pensassi ancora un po’”. Il bambino crede che niente di quel che lui fa sia giusto o sicuro, non sa che fare, e cerca qualcuno che glielo dica. Un bambino del genere avrà molta difficoltà a prendere decisioni, più avanti nella vita.
Non essere: Questo è il messaggio più letale e quello da affrontare per primo in una terapia. Può essere trasmesso in maniera sottile, come: “Se non fosse per voi bambini, divorzierei da vostro padre”. In modo meno sottile: “Vorrei che tu non fossi mai nato ... così non avrei dovuto sposare tuo padre”. Il messaggio può essere trasmesso non verbalmente, attraverso il modo in cui il genitore tiene in braccio il bambino, senza cullarlo, si abbuia e brontola durante il bagnetto e i pasti, urla quando il bambino vuole qualcosa, o è fisicamente violento. Ci sono un'infinità di maniere in cui si trasmette questo messaggio.
Questa ingiunzione può esser data da madre, padre, bambinaie e governanti e da fratelli e/o sorelle. Un genitore può essere depresso perché il bambino è stato concepito prima del matrimonio o quando i genitori non volevano più bambini. La gravidanza può essersi conclusa con la morte della madre e il padre i nonni danno al bambino la colpa di quella morte. Il parto può essere stato difficile e il bambino incolpato perché era troppo grande quando è nato: “Mi hai squarciato quando sei nato”. Questi messaggi, ripetuti molte volte in presenza del bambino, diventano il “mito della nascita”, che dice: “Se tu non fossi esistito, le nostre vite sarebbero migliori”.
Non entrare in intimità: Se un genitore scoraggia il bambino dall'avil bambino interpreterà ciò come un messaggio: “Non entrare in intimità”. La mancanza di contatto fisico e la mancanza di carezze positive inducono il bambino a questa interpretazione. Inoltre, se il bambino perde un genitore a cui si sentiva vicino, per morte o per divorzio, può darsi da solo questa ingiunzione, dicendosi cose come: “Che scopo c'è ad entrare in intimità, tanto poi muoiono”, e decidere di non entrare mai più in intimità con nessuno.
Non essere importante: Se, per esempio, un bambino non ha il perdi parlare a tavola, gli si dice: “I bambini si devono vedere, ma non si devono sentire”, o lo si svaluta in qualche altro modo, lui può recepire questi messaggi come un: “Non essere importante”. Può riquesto messaggio anche a scuola. In California, i bambini ispano-americani hanno avuto in passato molti problemi relativi all'importanza perché gli altri bambini che parlavano una sola lingua li criticavano per il loro tentativo di parlare sia inglese che spagnolo, e per gli errori che facevano all'inizio. Sicuramente i negri ricevono questo messaggio dai bianchi, e da molte madri negre che non vogliono che i loro figli ditanto importanti da cacciarsi nei guai con i bianchi.
Non essere un bambino: Questo è il messaggio mandato da genitori che chiedono agli altri figli di occuparsi del più piccolo. È mandato anche da genitori che cercano di educare troppo presto alla pulizia, giudicano i bambini “ometti” o “donnine” dal momento in cui muovono i primi incerti passi, gli danno carezze perché siano educati prima che i bambini sappiano che cos'è l'educazione, e gli dicono, quando sono ancora in fasce, che solo i bambini in fasce piangono.
Non crescere: Questa ingiunzione è spesso data dalla madre al suo ultimo bambino, che sia il secondo o il decimo. E anche data spesso dal padre a una ragazza nel periodo pre-puberale o in piena pubescenza, quando egli comincia a sentire stimoli sessuali e se ne spaventa. Può allora proibire alla ragazza di fare le cose che tutte le sue amiche fanno come truccarsi, mettersi vestiti adatti alla sua età, uscire con ragazzi. Inoltre, il padre può interrompere le carezze fisiche appena la ragazza diventa troppo matura, e lei interpreta ciò come: “Non crescere o non ti amerò più”.
Non avere successo: Se prima il padre batteva sempre il figlio a tennis ma quando il figlio comincia a vincere il padre smette di giocare con lui, ciò può essere interpretato dal figlio come: “Non vino non mi piacerai più”, che si trasforma in: “Non avere successo”. Le critiche costanti da parte di un genitore perfezionista danno il mes“Non fai niente nel modo giusto”, che si traduce in: “Non avere successo”.
Non essere te stesso: Questo messaggio è dato soprattutto al bambino che nasce del sesso “sbagliato”. Se la madre ha tre maschi, e ne nasce un quarto, essa può fare di questo bambino la sua “figlia”. Se un maschio vede che le femmine ricevono un trattamento di favore, può interpretare ciò come: “Non essere un maschio o non avrai mai niente”, e avere problemi di identificazione sessuale. Un padre può non farcela più dopo quattro femmine, e insegnare alla quinta cose da “maschio” e da “uomo”, come giocare a calcio.
Non essere sano di mente e Non stare bene: Se i genitori fanno carezze ai bambini quando stanno male, e non gliene fanno affatto quando stanno bene, ciò è equivalente a dir loro: “Non stare bene”. Se comportamenti da matto sono ricompensati, o se si dà l'esempio di comportamenti folli e non li si corregge, l'esempio stesso si trasforma nel messaggio: “Non essere sano di mente”. Molti figli di schizofrenici hanno difficoltà nell'effettuare un esame di realtà, anche se non sono veramente psicotici. Si comportano da matti, e venspesso trattati come se fossero psicotici.
Non far parte: Se i genitori si comportano continuamente come se dovessero trovarsi da qualche altra parte, è difficile per il bambino sapere di che cosa fa parte. Egli potrebbe sentire sempre che anche lui non apa nessun posto – anche se è nato in Italia, in Svezia o in America.


Strutturazione del Tempo: i rituali

Ogni volta che delle persone si riuniscono in coppie o gruppi ci possono essere modi diversi di trascorrere il tempo. Eric Berne ha elencato sei possibilità di strutturazione del tempo:

Isolamento; Rituali; Passatempi; Attività; Giochi; Intimità.


Questi, affermava Berne, sono tutti modi di soddisfare il bisodi struttura. Quando ci troviamo in una situazione in cui non ci è imposta alcuna strutturazione del tempo la prima cosa che faremo sarà probabilmente quella di crearcene una.
Nell'esaminare ciascuna di queste sei modalità possiamo collea quello che già sappiamo circa gli stati dell'Io e le carezze. L'intensità delle carezze aumenta scendendo lungo l'elenco nel passare dall'isolamento all'intimità.
Nella letteratura dell'Analisi Transazionale è stato talvolta soche anche il grado di rischio psicologico aumenta via via che procediamo dall’isolamento all’intimità. Quel che è certo è che l'imprevedià delle carezze tende ad aumentare; in particolare diventa meno prevedibile sapere se saremo accettati o rifiutati dall'altro. Nel nostro Bambino può darsi che percepiamo davvero quest'imprevedibilità come un «rischio» per noi stessi.
Ciò che risulta necessario approfondire nell’ambito di questo lavoro, è il concetto di rituale.
Il programma del rituale, infatti, è dominio dello stato dell'Io Genitore. Nello svolgere un rituale siamo nel Bambino che ascolta queste istruzioni del Genitore. Dal punto di vista funzionale i rituali sono di solito svolti nel Bambino AdattaTutti i bambini imparano i rituali adeguati nella cultura della propria famiglia, ed ogni cultura è caratterizzata anche per la specificità di alcuni rituali, che la contraddistinguono nel tempo e nello spazio.

Isolamento


Quando una persona si isola può essere fisicacon altri ma non effettuare transazioni.
Nell’isolamento si può accedere a qualsiasi stato dell'Io, ma forse diventa difficile effettuare una diacomportamentale dello stato dell'Io, per via della mandi segnali esterni.
Durante questo periodo le uniche carezze che si possono ricevere o dare sono carezze a se stesso. Mancando qualsiasi tipo di coinvolgimento, si evita il «rischio» psicologico, percepibile nel Bambino, di essere rifiutati.

Rituali

Il rituale consiste in una familiare interazione sociale che procede come se fosse pre-programmata.
Come precedentemente accennato, tutti bene o male imparano i rituali adeguati alla cultura di appartenenza. I rituali hanno quindi complessità diverse. Il più semplice di tutti è lo scambio semplice di una singola carezza come un saluto: “Ciao!”, “Ciao!". Alestremo si possono trovare alcuni rituali religiosi, in cui la sequenza è addirittura scritta, e durante il rituale, che può durare delle ore, i partecipanti seguono delle dettagliate istruzioni e regole.
Dal punto di vista strutturale il programma dei rituali è ambito dello stato dell'Io Genitore. Nello svolgere un rituale siamo nel Bambino che ascolta queste istruzioni del Genitore. Dal punto di vista funzionale i rituali sono di solito svolti nel Bambino AdattaIl più delle volte un rituale dà validi risultati nei termini dell’adattamento alle norme attese, cosicché può essere classificato come un comportamento del Bambino Adattato positivo; e per via delle parole, dei toni di voce e dei segnali corporei stereotipati utilizzati nei rituali può essere difficile confermarlo per mezzo della diacomportamentale.
I rituali sono percepiti dal Bambino come comportanti un “ri” psicologico maggiore dell'isolamento. Tuttavia forniscono familiari carezze positive. Spesso i partecipanti a un rituale tengoconto in maniera molto attenta delle carezze scambiate, benché possano comunque essere poco intense. La prevedibilità delle carezze rituali può essere un fattore importante per quelle persone che nell'infanzia hanno deciso che era rischioscambiare carezze all'interno di un rapporto più ravvicinato.

Passatempi

Cosi, come un rituale, un passatempo procede in un modo che è familiare. Ma il contenuto di un passatempo non è programmain modo così rigido come quello di un rituale. Chi mette in atto un passatempo ha maggiori possibilità di inserirvi proprie varianpersonali.
In qualsiasi passatempo i partecipanti parlano di qualcosa, ma non intraprendono alcuna azione a essa relativa. Spesso un indizio del fatto che si stia trattando di un passatemlo ricaviamo dall'uguaglianza «passatempo = tempo passato». Il più delle volte, infatti, le persone riunite in gruppo parleranno di quello che è successo da qualche parte ieri, invece che di quello che sta succedendo qui e ora. L'esempio tipico di passatempo è la conversasuperficiale e leggera di un cocktail party.
Berne ha assegnato arguti appellativi ad alcuni passatempi faUn passatempo degli uomini può essere «General Motors», mentre le donne possono preferire «Cucina» o «Guardaro» se si trovano a proprio agio nei tradizionali ruoli sessuali. Quando dei genitori si incontrano di solito avviene una seduta di «AGI» (Associazione Genitori-Insegnanti):
Per gli inglesi, non solo, spesso il passatempo più praticato è uno che Berne non ha citato: «Il tempo».
I passatempi sono di solito gestiti dagli stati dell'Io Genitore e Bambino. Un passatempo Genitoriale consiste nell'esprimere opipreconcette sul mondo.
Il passatempo comporta prevalentemente delle carezze positima anche alcune negative. Rispetto alle carezze provenienti dai rituali quelle provenienti dai passatempi sono più intense ma alquanto meno prevedibili; pertanto nel Bambino le percepiamo comportare un «rischio» leggermente maggiore.
Negli scambi sociali i passatempi svolgono un'altra funzione ancora: costituiscono un mezzo per «esplorare l'altro» come pospartner dello scambio di carezze più intense che può aver luogo nei giochi o nell'intimità.

Attività

In un'attività lo stato dell'lo predominante è l'Adulto. Questo perché un'attività è indirizzata al raggiungimento di un qualche obiettivo qui-e-ora. Talvolta in un'attività possiamo seguire certe regole appropriate: in queste occasioni passiamo nel Bambino Adattato positivo o nel Genitore positivo. Le carezze derivanti da un'attività possono essere sia positive condizionate che negative condizionate. Sono di solito carezze procrastinate nel tempo, elargite alla fine dell'attività per un lavoben fatto o mal fatto. Il grado di rischio psicologico percepinell'attività può essere maggiore o minore che nel passatempo, secondo la natura delle due cose.

Giochi

Tutti i giochi sono riproposizioni di strategie infantili non più adatte a noi come persone adulte. Pertanto per definizione i giosono effettuati da una qualsiasi parte negativa degli stati delBambino Adattato negativo, Genitore Normativo negativo o Genitore Affettivo negativo. Inoltre sempre per definizione i gionon possono essere effettuati dall'Adulto.
I giochi comportano sempre uno scambio di svalutazioni. Quesvalutazioni sono a livello psicologico. A livello sociale i parteal gioco lo vivono come uno scambio di carezze intense. Nelle fasi di apertura del gioco le carezze che vengono sentite possono essere sia positive che negative, mentre alla fine entrami giocatori provano delle intense carezze negative. I1 grado di ”rischio psicologico” percepito è maggiore che nelle attività o nei passatempi.

Intimità

Nell'intimità non ci sono “messaggi segreti”, il livello sociale e il livello psicologico sono congruenti. Questa è un'importante diftra l'intimità e i giochi.
Altrettanto importante è il fatto che nell'intimità le emozioni espresse sono adeguate a porre fine alla situazione, mentre le emozioni che si provano al termine di un gioco non fanno niente per risolvere la situazione in cui sono i partecial gioco stesso. Lo sappiamo dal fatto che i giochi vengono ripetuti più e più volte.
La scelta di Berne della parola intimità qui dovrebbe essere intesa in senso tecnico specializzato. L'intimità quale strutturazione del tempo può o non può avere molto a che fare con l'«intimità» nell'abituale senso attribuito al termine. Quando due persone soin intimità sessuale o personale, può anche darsi che condiapertamente le loro emozioni e desideri. In questo caso stanno strutturando il loro tempo nell'intimità. Ma è comune che anche i rapporti emozionali intensi siano fondati prevalentemente sull'effettuazione di giochi.
I giochi sono talvolta utilizzati come sostituti dell'intimità. Essi comportano un'intensità di carezze simile (benché le carezze dei giochi siano prevalentemente negative), ma senza lo stesso grado di rischio percepito. In un gioco ciascuno addossa all'altro la reà del suo esito: nell'intimità, invece, ciascuno accetta la propria responsabilità.
Riguardo agli stati dell'lo coinvolti nell'intimità Berne ha scritl'intimità è una franca relazione Bambino-Bambino alieda giochi e dallo sfruttamento reciproco. Viene stabilita dagli stati dell'io Adulto delle parti interessate, in modo che essi capimolto bene i mutui contratti e impegni...». (5)
Dopo Berne alcuni autori di A.T. hanno semplificato questa idea, considerando l'intimità uni come uno scambio da Bambino a Bambino. Al solito la concezione originaria di Berne si rivela essere molto più sottile e significativa. Per essere in un rapporto d'intimità dobbiamo dapprima creare il rapporto con tutte le nostre capacità di pensiero, di comportamento ed emotive dell'Adulto. All'interno di questa cornice protettiva possiamo se lo vogliamo tornare nel Bambino, condividendo e soddisfacendo alcuni dei bisogni insoddisfatti riai nostri primi anni.
Alcuni autori di Analisi Transazionale hanno affermato che l'intimità comporta anche un prendersi cura e un dar protezione proprio del Genitore.
Il messaggio proveniente da questo stato dell'lo è: «lo non ti svaluterò, e non permetterò che tu svaluti me».
Le carezze nell'intimità sono più intense che in qualsiasi altro tipo di strutturazione del tempo. Possono essere scambiate carezsia negative che positive. Ma non vi sarà svalutazione, dato che per definizione l'intimità è un scambio di desideri ed emozioni autentici.
Dato che non è pre-programmata, l'intimità, è anche il più imtra tutti i modi di strutturare il tempo.


Il sistema di riferimento

          Il sistema di riferimento è definito dagli Schiff come la struttura di risposte (connessioni nervose) associate (condizionate) che integra i vari stati dell'Io in risposta a stimoli specifici.
Esso fornisce all'individuo «... un insieme globale percettivo, concettuale, affettivo e d'azione che è usato per definire se stessi, gli altri e il mondo...».
Per aiutare a capire meglio il sistema di riferimento, gli Schiff affermano che può essere considerato «come una pellicola che circonda gli stati dell'Io unendoli». (6)
Nel peril mondo secondo il mio peculiare sistema di riferimento, io metto in atto il mio insieme personale di reazioni, provenienti dagli stati dell'Io, al mondo quale lo percepisco. È in questo senso che il sistema di riferimento integra i vari stati dell'Io.

Il Sistema di Riferimento descritto da Jaqui Schiff costituisce uno dei temi di maggiore interesse antropologico dell'analisi transazionale e consente di innestare fattori culturali (appresi) alle modalità precostituite di comportamento (fattori ereditati geneticamente).
Classicamente, il Sistema di Riferimento o S.d.R. è la “struttura delle risposte associate che integra i diversi stati dell'Io in risposta a stimoli specifici; fornisce alla persona un insieme percettivo, concettuale, affettivo e d'azione che è utilizzato per definire il Sé, gli Altri e il Mondo”!
In sintesi:
1) il S.d.R. “è sia transazionale sia psicodinamico”;
2) il S.d.R. è un sistema adattativo e di mediazione tra l’Io e ambiente esterno; si esprime funzionalmente nella vita di relazione;
3) il S.d.R. è legato al copione in azione in quanto ne recita quanto prescritto e ne consente e rinforza l'attuazione;
4) il S.d.R. è legato nella genesi al copione e al mito protocollare di copione in quanto si struttura dalle prime risposte sull'essere (“Chi sono?”: proto-convinzioni e convinzioni di copione) e sul fare (“Che fare?”: protodecisioni e decisioni di copione);
5) il S.d.R. è dettato e condizionato, come suggerisce la stessa Schiff, dallo stato dell'Io Genitore o per essere precisi, dai contenuti della linea evolutiva dello stato dell’Io Genitore (G-G-G);
6) il S.d.R., in quanto condizionato dal Genitore, è influenzato, per tramite del G, dal Genitore Culturale e ciò lega il S.d.R. a fattori etnici e antropologici di grande interesse;
7) il S.d.R. è correlato all'evidenza etologica e prossemica dello Spazio Personale.

Avendo scritto Schiff, come già detto prima, che possiamo immaginare che il S.d.R. come una pellicola che circonda gli stati dell'Io unendoli e fungendo da filtro alla realtà, possiamo in effetti considerare il S.d.R. schiffiano come un vero e proprio filtro, un'interfaccia tra mondo esterno e interno che elabora incessantemente dati del mondo esterno confrontandoli con quelli del mondo interno. Quando è disfunzionale perde la caratteristica di adattabilità che è necessaria a ogni organismo e opera con modalità non Adulta: invece di adattarsi attivamente al mondo esterno adatta le informazioni esterne allo schema interno, al progetto copionale.
I processi che sostengono e proteggono il S.d.R. disfunzionale sono, per la Schiff, la simbiosi e la svalutazione: entrambi sono sottesi ai giochi psicologici e alle ridefinizioni (di contenuto e di processo).
Il S.d.R. è quindi secondo J. Schiff, attraversato da ogni stimolo e risposta ed è internamente coerente e dettato dal Genitore.
La significatività del Genitore nel S.d.R. deriva dalle introiezioni (rinvenibili nel corso della prima infanzia tramite le figure parentali primarie) che esercitano una forte influenza sulla definizione di realtà, fiducia relazionale e stroke economy.
La significatività del Genitore Culturale, deriva dall'influenza della “cultura” del gruppo di appartenenza che viene trasmessa dalla famiglia nucleare, estesa e intergenerazionale (copione culturale della famiglia) e attraverso le agenzie educative del sistema o subsistema sociale del gruppo (copione etnico-antropologico).


Ruolo del Genitore nel sistema di riferimento

Lo stato dell'Io Genitore svolge una parte particolarmente imnella formazione dei sistemi di riferimento. Questo peré il nostro sistema di riferimento consiste di definizioni del mondo, di noi stessi e degli altri. È dai nostri genitori o figure geche abbiamo originariamente imparato queste definizioSecondo l'età alla quale le abbiamo ricevute, esse possono esimmagazzinate quale parte del contenuto del nostro stato dell'lo Genitore (G2) o del Genitore nel Bambino (G0).
Ciascuno di noi ha un insieme personale di definizioni Genitodi ciò che è buono, cattivo, sbagliato, giusto, spaventoso, fadifficile, sporco, pulito, giusto, ingiusto e così via. È su queinsieme di definizioni che basiamo la nostra concezione di noi stessi, degli altri e del mondo, e scegliamo di conseguenza le norisposte alle varie situazioni.


Il Genitore culturale

L'introduzione del concetto di Genitore Culturale si deve a Pearl Drego, analista transazionale dell'India, (7) la quale riprende la descrizione di Berne di cultura di gruppo (8) inerente gli aspetti tradizionali (group etiquette o Etiquette), gli aspetti tecnici, razionali (technical culture o Technicalities) e gli  aspetti emozionali (group character, o Character).

La Drego sostiene che i tre aspetti succitati rispecchino rispettivamente gli aspetti Genitoriali, Adulti e Bambini della cultura di gruppo e tali stati dell'Io della cultura concorrono alla formazione del Genitore Culturale di una certa popolazione. Il Genitore Culturale invece che con cerchi verrà così rappresentato graficamente con ellissi.
Il Genitore Culturale viene dunque introiettato nel G e influenza con l'ombra culturale (cultural shadow) anche G: in pratica, la linea evolutiva del Genitore. Alcuni stereotipi culturali, risultanti dall'internalizzazione di modalità culturali di risposta, sono contenuti dalla Drego in G (ove, si ricorda, sono depositate classicamente anche le decisioni di copione). Abbiamo cosi visto come il GC interviene a strutturare il S.d.R. e influenza il processo di copione individuale e di gruppo.


La struttura del Genitore Culturale

Drego quindi, come abbiamo visto, raffigura il Genitore Culturale come costituito da tre ellissi poste nello Stato dell'Io G della struttura della personalità e ognuna rappresentante uno stato dell'Io della cultura.
Generalmente, gli Stati dell'Io G sono condivisi in quanto prodotto di un comune background storico e di comuni ideologie.
Lo studio di come la cultura diventi parte integrante dell'individuo e come l'individuo introietti la cultura diventa uno strumento per comprendere come si giunga ad internalizzare la propria oppressione.
Mentre la cultura del gruppo richiede un'analisi esterna all'individuo, comprendere il Genitore Culturale esige introspezione ed autoconsapevolezza. La Drego, rifacendosi ai lavori sul copione culturale di Steiner, Barnes e dei Goulding, identifica il copione culturale in termini di ingiunzioni: ritiene che l'analisi della personalità individuale nei tre Stati dell'Io G, A, B aiuti a determinare cambiamenti personali, invece l'analisi delle culture in etichetta, tecnicismo e carattere fornisce lo strumento per l'autoconsapevolezza e il cambiamento sociale. Infine, va ricordato il concetto di Jung di "equivalenti della libido", la quale devia l'energia psichica in scopi sociali; l'interazione tra i simboli sociali, la storia individuale e le attitudini personali, consente alla persona di sviluppare un “complesso autonomo” che è la parte della personalità che il soggetto mostra nelle situazioni sociali. Drego rileva che è possibile utilizzare il concetto di G Culturale per valutare il significato ed il valore di vari elementi culturali e approntare delle strategie per modificare specifici elementi dell'etichetta, del tecnicismo e del carattere. Inoltre, così come i copioni individuali sono analizzati per rilevare l'influenza che hanno nel corso della vita, allo stesso modo si possono trattare i miti, le leggende, gli eroi ed eroine e gli stereotipi sociali.
Considerando l'aspetto sociologico del G, i tre aspetti della cultura di gruppo vengono ampliati: l'etichetta include ideali, beni spirituali, superstizioni, preghiere, filosofie, ecc.; il tecnicismo: abitudini, contratti, oggetti cerimoniali e così via; infine, il carattere include modi di sentire, percepire, amare, esprimere e relazionarsi. Tali aspetti possono o limitare e sopprimere gli individui, oppure contribuire alla loro crescita favorendo la dignità e l'autonomia individuale.


Le ingiunzioni culturali

Berne, nella sua teoria delle ingiunzioni, scrive che per comprendere il comportamento del cliente e per pianificare l'intervento terapeutico che lo libererà dalle restrizioni è fondamentale chiedersi quale sia la proibizione parentale che ha interiorizzato. I sintomi di cui spesso il cliente è portatore sono un sostituto dell'azione proibita e/o una protesta contro essa. Allo stesso modo, le disfunzioni più significative della patologia culturale possono essere lette come il derivato delle proibizioni rinforzate socialmente. Pertanto, si giungerà alla trasformazione sociale solo quando gli individui si libereranno delle ingiunzioni e delle proibizioni culturali e dai sottostanti miti religiosi che ne sono portatori mascherati.
è possibile quindi definire le deviazioni del copione culturale in termini e di ingiunzioni e di proibizioni. Steiner riteneva l'ingiunzione una maledizione in quanto inibitoria del comportamento libero del bambino; essa spesso nega un'attività e riflette i desideri, le paure, la rabbia e le richieste nel B dal genitore. Simili alla teoria di Berne sulle ingiunzioni sono i lavori di Laing sulle attribuzioni e le analisi dei programmi genitoriali, e quello di Johnson e Szurek che parlano di lacune del Super-Io per le quali il bambino agisce contrariamente ai desideri segreti dei propri genitori. Come Steiner riferisce, ciò che questi ultimi Autori ritengono essere un permesso inconscio, per l'analisi del copione è un'ingiunzione.
Anche i sistemi educativi diretti alla crescita del bambino, assicurano la continuità delle tradizioni culturali (Erikson) anche implicitamente (Merton).
La teoria delle ingiunzioni correlata con il concetto di G Culturale può dare vita a nuove strategie di AT nel cambiamento dei sistemi sociali e culturali.
è nei termini delle ingiunzioni ricevute nell'infanzia che è possibile comprendere come le donne Gujar, nel lavoro della Drego, possano contribuire al loro stato di oppressione ed umiliazione.


Le ingiunzioni invertite come difesa

Drego considera le ingiunzioni parte del carattere della cultura e il controcopione parte dell'etichetta; l'anticopione può essere in uno dei due e/o in entrambi.
L'anticopione definito come l'azione opposta alla proibizione (ad es. il comando materno "Non bere" induce il bambino a bere) spesso cela una pseudo-autonomia; il diniego all'ingiunzione, apparentemente opposto ad essa, prende la forma di comportamenti che in realtà favorisce il gioco culturale e ripete l'ingiunzione. Il sistema di negazione della ingiunzione può essere espressa o dal controcopione o dall'anticopione.
Drego ha trovato che nelle donne Gujar il comportamento anticopionale è l'aggressività sociale e le dichiarazioni di lealtà alla famiglia e alla tribù, rinforzato da un'etichetta culturale colmo di proverbi di coraggio e di sacrificio; in tal modo, esse si difendono dalla/e ingiunzione/i Non Essere e/o Non Appartenere (Non Far Parte). Oppure, esse si tutelano dalle ingiunzioni Non Essere una Bambina o Non Esistere con il loro entusiasmo per la vita, con la loro energia ed audacia.


Il processo di Rigenerazione del Genitore Culturale

L'Autrice utilizza un modello con tre passi procedurali o fasi nell'identificare le ingiunzioni nel G Culturale. Le tre fasi includono:
1. l'uso della Scala delle Ingiunzioni di Drego per identificare i permessi di cui le donne necessitano per controattaccare le ingiunzioni.
2. Attraverso i miti delle donne Gujar si analizza il G Culturale per poi raccontarli ed enfatizzare un G Culturale che dà diritti, dignità e autonomia alle donne.
3. Infine, si analizza il G Culturale delle canzoni e si identificano i permessi per crearne uno nuovo.


La Scala delle Ingiunzioni di Drego

Questo strumento ha lo scopo di rilevare quelle ingiunzioni, descritte dai Goulding, che sono operative nella vita delle donne Gujar e quelle che sono state negate.
Dallo studio è derivato che le ingiunzioni operative, attive dell'oppressione e che formano parte del G Culturale e proprie della cultura del gruppo, sono Non Essere un Bambino, Non Crescere, Non Essere Importante, Non Sentire. Invece, le ingiunzioni Non (Non Far Niente) e Non Essere (sano di mente) sono le ingiunzioni contrarie del G Culturale e formano parte dell'anticopione delle donne Gujar.


Il concetto di Ombra Culturale

L'influenza della cultura di appartenenza è introiettata non solo nello Stato dell'Io Genitore ma anche in quello Bambino. Le donne Gujar riferivano sentimenti molto profondi, fonte di sofferenza e dolore a causa delle aspettative sociali provenienti e dai membri della loro cultura e dal loro G Culturale internalizzato. Drego Chiamò Ombra Culturale quella parte del B, della struttura G, che sente l'influenza del G Culturale.
Berne chiama Elettrodo il G nel B che rappresenta le versioni fantasticate e magiche del bambino piccolo nei messaggi ricevuti dai genitori, quali demoni, streghe, eroi, eroine, figure mitologiche e culturali.
è il G Culturale (costituito dall'etichetta, dal tecnicismo e dal carattere) sviluppatosi attraverso il processo di socializzazione che determina la formazione dell'Ombra Culturale nel piccolo G (G) del B. G contiene le internalizzazioni sugli stereotipi culturali che determinano le modalità culturali di risposta, attivati dal G Culturale nel G.
Anche qualora si modifichi il G Culturale, è difficile cambiare l'Ombra Culturale in quanto parte del G  è mantenuto in comune dal gruppo .
Il concetto di Ombra Culturale di Drego aiuta a comprendere perché le donne Gujar, programmate ad agire secondo il G Culturale, la sottomissione oggi così come da bambine. Spiega anche la persecuzione da parte delle donne a danno di quella che si ribella con un cambiamento: esse possiedono la stessa Ombra Culturale di subordinazione. è insito nell'Ombra Culturale che la bambina che obbedisce al padre poi da adulta farà lo stesso con il marito; la bambina picchiata dal fratello da adulta accetta lo stesso dal cognato; e la bambina che sente sciocchezze dalla madre le sentirà dalla suocera, ecc..
Per le donne Gujar le ingiunzioni Non Crescere, che implica restare una bambina-madre anche da adulta, e Non Essere un Bambino che non consente di attraversare tutte le fasi dello sviluppo di crescita, dà origine ad una bambina/fornitrice di cure rivolte agli altri. Questa figura è parte dell'Ombra Culturale che fa della sessualità, della femminilità e della maternità adulte una esperienza angosciante.
L'impatto delle ingiunzioni sull'individuo è triplice:
1 dal copione familiare introiettato nello Stato dell'Io G come parte del G Culturale;
2 dalle aspettative del G Culturale in altri membri del gruppo;
3 dall'Ombra Culturale nel G attivato o intrapsichicamente dal G o interpersonalmente dagli altri membri del gruppo.
Le donne Gujar sono spinte ad agire come la loro cultura si aspetta da loro a causa del controllo esercitato dalla propria Ombra Culturale.
Drego utilizzò i punteggi di gruppo sulla Scala delle Ingiunzioni per aiutare le donne Gujar ad accettare la realtà della loro Ombra Culturale e comprendere che le ombre sono simili in ognuna di esse. L'uso dei punteggi di gruppo dava la responsabilità del cambiamento al gruppo e alle loro attività attraverso dei permessi di gruppo. è fondamentale il supporto di gruppo: senza di esso i permessi conquistati potevano risultare non protettivi per il singolo e senza dei cambiamenti nella cultura di gruppo, il mettere in discussione le ingiunzioni avrebbe portato a severi disordini e rappresaglie sociali.
Nel processo di Rigenerazione del G Culturale e dell'Ombra Culturale, Drego cambiò gli item della Scala delle Ingiunzioni in permessi. Per ogni ingiunzione creò 12 Carte dei Permessi, ognuna costituita da sei sub-permessi; ad es., l'ingiunzione "Non Essere un Bambino" fu cambiata nel permesso "Tu Puoi Essere un Bambino", dove due sub-permessi sono: "Tu puoi giocare come un bambino" e "Tu puoi chiedere aiuto ad altri".
E' attraverso il cambiamento nel G Culturale che si giunge all'Ombra Culturale.


L'analisi dei miti e delle canzoni nella sperimentazione di Drego

Rispettivamente, nella seconda e nella terza fase del modello di Rigenerazione, Drego ha analizzato i contenuti dei miti e delle canzoni; essi hanno il loro dominio nell'Ombra Culturale sulle donne Gujar e contribuiscono a rinforzare le ingiunzioni familiari e della società.
Già Berne, aveva stabilito una connessione tra i miti e i copioni individuali. I primi, possono essere usati per accedere al copione di vita del soggetto e rilevare le ingiunzioni insite nel mito che possono rinforzare quelle familiari e culturali. I copioni culturali sono mantenuti in comune e sono rinforzati dai costumi e dalle tradizioni di una particolare società.
Tre sono i miti maggiormente radicati nelle donne Gujar - i miti di Sita, Savitri e Draupadi - che sono ripetuti e recitati nei festivals, nei mimi e nelle danze.
Le canzoni sono cantate e ripetute nei matrimoni e nelle celebrazioni religiose. il G Culturale si svela attraverso i messaggi in esse contenute: ad es., il messaggio culturale "Le madri vivono e muoiono per i propri figli" contiene l'ingiunzione Non Essere (Te Stessa), oppure "Le attenzioni della madre sono solo per suo figlio" contiene l'ingiunzione Non Essere Importante.
Le donne Gujar sono divenute consapevoli delle ingiunzioni culturali tramite la discussione e la scoperta delle interpretazioni dei miti e delle canzoni; la percezione di cosa la libertà significhi concretamente nella loro vita è resa possibile dal controllo dell'Ombra Culturale da parte dello Stato dell'Io Adulto.

Il mito di Sita
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Sita, abbandonata da neonata, venne rinvenuta in un campo. Fu vinta come moglie da Ram. Le donne Gujar si identificano in Sita in quanto donna, moglie e madre ideale che sono i tre ruoli più importanti che la cultura richiede alle donne. Sita segue il marito in esilio per 14 anni. Viene rapita da un rivale di Ram e tenuta in schiavitù a lungo. Liberata, è considerata profanata e viene scacciata nella foresta dal marito sotto le pressioni delle chiacchiere della gente; qui completa il suo compito di essere madre con due figlie.
Nel mito di Sita ritroviamo diverse ingiunzioni contenute nel Genitore Culturale delle donne Gujar: Non Esistere, Non Essere (Te Stessa), Non Riuscire, Non Fare Parte. L'ingiunzione Non Esistere si rileva negli esiti, nelle continue situazioni che minacciano la vita di Sita, fino a giungere alla morte. L'ingiunzione Non Essere Te Stessa si evidenzia dal fatto che Sita è sottomessa ai desideri e alle scelte del marito; non ha una vita propria. Il mito contiene anche l'ingiunzione Non Aver Successo perché Sita non riesce a costruire una famiglia felice, anche se completa il suo ruolo di essere madre. Infine, il Non Appartenere deriva dalle origini sconosciute di Sita, così come non appartiene ad un territorio anche da sposata.
E' attraverso i costumi e le usanze che le ingiunzioni contenute nel mito di Sita vengono trasmesse alle donne indiane Gujar. L'ingiunzione Non Esistere è comunicata a livello socio-culturale tramite l'aborto dei feti di sesso femminile, il non comunicare alle madri, dopo il parto, la nascita dei neonati femmine e i festeggiamenti per la nascita di maschi. Le femmine sono un fardello per le famiglie al momento di darle in moglie: devono avere un'ingente dote per essere tenute in vita dai mariti.
L'ingiunzione Non Essere (Te Stessa) è comunicata dalla svalutazione dell'identità di genere delle bambine alla nascita e poi delle ragazze alle quali si richiedono molti ruoli sociali fin da piccole (sorella, figlia, moglie, madre, zia, cognata, nuora, suocera, nonna, vedova, ecc.). Esse sono chiamate con il ruolo che hanno in famiglia e non con il proprio nome.
Il Non Appartenere è già comunicata nella famiglia d'origine: "Tu sei qui solo per un breve periodo; presto ti unirai alla famiglia di tuo marito e apparterrai a loro". Dopo il matrimonio, sentono dire: "Tu non appartieni qui realmente. Tu sei qui come moglie e nuora". Infine, l'ingiunzione Non Riuscire, parte della matrice sociale e tradizionale, si rileva dall'impossibilità di scegliere il futuro marito, così come la carriera e l'impiego.

Il mito di Savitri.

Savitri sfida il Dio della morte, Yama, a ridare la vita al marito, Satyavan, e la salute ai suoi genitori. L'ingiunzione contenuta nel mito è Non Essere un Bambino: le donne Gujar, come Savitri, sono responsabili delle proprie e delle altrui vite. Il loro compito è dare piacere e felicità ai loro mariti, alla famiglia d'origine e a quella acquisita con il matrimonio. L'etichetta del G Culturale contenuta nei miti ha i messaggi Compiacimi, Sii perfetta e Sii forte. Tali messaggi rinforzano le ingiunzioni ed esprimono le aspettative riposte nelle donne Gujar. Tuttavia sono negati i permessi di esistere, di appartenenza e di avere successo. Il contro copione veicola l'anticopione dal quale la donna è spinta ad essere eccessivamente brava, di successo ed intelligente. Se tutto va bene lei è considerata una salvatrice, in caso contrario (malattia o morte del marito/membri della famiglia) è colpevolizzata ed accusata.

Il mito di Draupadi.

E' il terzo mito dominante nella cultura Gujar. Draupadi è la moglie di cinque fratelli, eroi del Mahabharata, i quali la perdono al gioco con i loro nemici. I vincitori la umiliano e i cinque mariti diventano passivi spettatori degli insulti che Draupadi subisce. Solo l'intervento divino di Krishma le preserva la dignità.
L'ingiunzione culturale rilevante è Non Essere Pio (Santo): Draupadi è trattata come oggetto di abuso. Il mito contiene anche l'ingiunzione Non Essere Tu: alla donna non sono riconosciuti il rispetto e l'identità umana; nessuna protezione umana è disponibile, solo Dio può aiutarla. Il Non Essere Intimo è mediata dalla perdita del rispetto per l'intimità con i cinque mariti.
Il corpo femminile, nella cultura Gujar, non è considerato sacro (Non Essere Sacra), appartiene alla famiglia d'origine, alla famiglia del marito e alla società; esso può essere venduto per dote ed usato per produrre figli ed eredi. Le mestruazioni e il parto sono contaminanti. L'ingiunzione Non Essere (Te stessa) è trasmessa con la sottomissione e la dipendenza ai loro padri, ai loro mariti e ai loro figli.

Il processo di Rigenerazione del Genitore Culturale in questo studio si muove su una linea metodologica di aumentare la consapevolezza dell'oppressione del G Culturale.

Le Carte dei Permessi di Drego, furono usate in cinque diversi modi per invitare le donne del campione di studio a favorire la rigenerazione del G Culturale: con una modalità interpersonale usando le transazioni di permesso, oppure attraverso un processo chiamato da Drego Genitore che si presta; fenomenologicamente, come nell'auto-rigenitorizzazione è il colloquio Genitoriale; in modo intergenerazionale, attraverso un processo chiamato Genitorizzare i Genitori, cioè dando permessi allo Stato dell'Io G, al G Materno e al G Paterno, alle nonne, ai nonni, ecc.. Infine, lavorando in gruppo, le carte dei permessi sono lette a turno da ogni membro in un processo definito Ricreare il G Culturale.
Alcune carte dei permessi furono preparate per interpretare i miti dominanti nel gruppo.
I cambiamenti nel G Culturale erano rinforzati socialmente e intrapsichicamente dal lavoro fatto con i permessi; inoltre, il processo di rigenerazione, forniva nuove prospettive di donne usate per figurarsi i permessi in maniera concreta.


Cultura e fenomeni rituali

I rituali sono “modo d'esistere degli esseri umani, attività pensata e prodotta da organizzazioni umane, forma di oggettivazione intenzionale del pensiero in comportamenti simbolici”.
Sono “l'insieme dei comportamenti individuali o collettivi, relativamente codificati, con un supporto” potente di canale extraverbale, “di carattere più o meno ripetitivo, di forte carica simbolica per gli attori e di solito per i testimoni”;  sono “fondati su una adesione mentale eventualmente inconsapevole a valori relativi a scelte sociali importanti, la cui attesa efficacia non appartiene a una logica semplicemente empirica”. (9)
La radice etimologica deriva dall'indoeuropeo vedico (rta, arta) che rimanda all'ordine cosmico; ritus in latino è “ordine prescritto”. La parola ha rapporto con l'ordine.
Le parole rito, rituale, cerimonia, cerimoniale hanno zone semantiche vicine, con frontiere incerte e interpretazioni diverse. La cerimonia ha un carattere di solennità ed il rituale, quando “si inscrive in un sistema di comunicazione gerarchizzato” assume un aspetto formale di cerimonia.
I fenomeni rituali scandiscono il tempo storico e sociale. Contrariamente al diffuso convincimento di chi li ritiene superati dalla società di stampo “intellettuale” (allergia alla ritualità, presunta obsolescenza) essi improntano ubiquitariamente la vita di tutti i giorni e la cultura.
è “inutile il ricongiungimento del rito al mito se qualunque tipo di credenza può porsi come referente”, scrive Rivière suggerendo di focalizzare il processo e non il contenuto dei riti e della cultura rituale. (10)
Ci sono differenti tassonomie dei rituali. I rituali non sono solo quelli riconosciuti come “religiosi”: comunque “il campo del sacro supera di molto il campo del religioso” e “labile è il confine tra sacro-profano”. Tutti i rituali tendono ad avere comunque un impatto affettivo.
Ci sono rituali grandi e piccoli (microrituali), in tutti i campi e di tutti i tipi: rituali sportivi (costumi della Soccer Tribe, del pugilato, nella Formula Uno, palestra personale…); alimentari (fast food, snack, brunch, tapas, pranzo del Giorno del Ringraziamento o di Natale, macrobiotica, stile vegetariano, diete stagionali …); rituali del corpo, dell'abbigliamento (dal piercing all'uso delle scarpe da ginnastica), del tempo libero (concerto rock, discoteca…); rituali nelle imprese, nella politica, nelle istituzioni pubbliche e private, nei sindacati; rituali familiari ed etnici; rituali di passaggio (nascita, matrimonio, convivenza, morte…); rituali di gruppo (gruppo di psicoterapia, religioso, di amici, di compagni, di collaboratori…); rituali di iniziazione (militari di leva e carriera, associazioni professionali e no, clan, famiglie mafiose, aggregazioni esoteriche, sette, psicosette, nuclei devianti di naziskin ecc.); rituali di passaggio nella gerarchia (sul lavoro, apprendista-compagno-maestro nella massoneria, nelle forze armate, nei gruppi combattenti ecc.); rituali pubblicitari (richiamo alla tradizione culinaria di una regione o all'orgoglio del pulito nella massaia…) ecc.
Rituali simili possono avere finalità diverse (una danza per propiziare la pioggia, una danza per celebrare una vittoria) e rituali diversi possono avere finalità simili (p.e. la integrazione di un nuovo membro nella cerimonia militare di giuramento e nel "nonnismo").
In analisi transazionale, come già abbiamo accennato precedentemente, i rituali, in quanto strutturazione spazio-temporale organizzano il quotidiano ma anche l'evento periodico e quello unico. In senso berniano sono dettati dal G e si possono esprimere con qualunque stato dell'Io (G-A-B); sono connessi al Genitore Culturale di Drego, in particolare alla c.d. Etiquette del GC. I rituali rimandano al concetto di cultura del gruppo o della organizzazione, che come è noto, ha componenti consce ed inconsce.
Il rituale diviene ritualismo nell'esempio limite di sistemi tendenzialmente chiusi. è il caso di organizzazioni che all'analisi risultano essere più o meno "segrete" oppure, malgrado mostrino una certa visibilità sociale, che si richiamano più o meno fortemente al principio statutario della "segretezza" nei confronti dell'esterno; oppure organizzazioni autoreferenziali nella cultura (p.e. la cultura della organizzazione tende a non tollerare il confronto con altre); o ancora organizzazioni piramidali e gerarchizzate a livello di comunicazione e/o conoscenza del sapere.
In genere il rito di iniziazione all'ingresso di tali organizzazioni è complesso sia nell'accesso che nella prassi iperdettagliata ed ha una forte, talora misteriosa carica simbolica, richiedendo set e scenari specifici. In tali casi il rituale può avere un tale peso da rientrare nell'area preminente dell’attività berniana o confondersi con essa: diviene così ritualismo.
Nel ritualismo si richiede "un eccesso costante di rispetto dell'etichetta" , dice Rivière.
Esistono istituzioni e/o organizzazioni fortemente ritualizzate (con rilevanti aspetti di Etichetta del Genitore Culturale) e comunque a forte pre-programmazione interna della cultura (forte GC). Organizzazioni a forte e carismatica componente Genitoriale hanno la tendenza ad attirare personalità marginali come borderlines, spesso caratterizzate da uno stato dell'Io scarsamente integrato che ricercano simbiosi e “genitorizzazione”, (fenomeno del Pifferaio Magico).
I rituali forniscono coesione ed ordine sociale, appartenenza al gruppo, alla organizzazione e richiedono una più o meno grande partecipazione e adesione alla cultura della organizzazione. Per altro forniscono più o meno efficace contenimento e regolazione dei conflitti interpersonali. Infatti lo spazio interattivo è pre-codificato nel rituale.
Nel rituale si riconosce con Rivière:
1. una sequenza temporale di azioni: un rito di iniziazione si suddivide in fasi (prove, purificazione, sacrificio…) ed ogni sequenza implica ritemi (= unità minima strutturante il rito) (girare intorno a qualcosa, processione, p.e.) e questi implicano dei motivi (verso e numero dei giri da compiere p.e.);
2. un insieme di ruoli: attori (in scena, spettatori, potenze implorate), posizioni (officiante, accoliti, partecipanti…), relazioni asimmetriche tra gli individui (p.e. guru, maestro,..)
3. una struttura teleologica dei valori (scelte primarie del gruppo, memoria dei valori, partecipazione emotivo-cognitiva…)
4. strumenti simbolici (bandiera, pane azzimo, maschera, abbigliamento)
5. sistema pre-ordinato di comunicazione (domanda dell'officiante, risposta dell'iniziato, lettura di messaggi, giuramenti …)
Uno dei principali studiosi del rito è stato Ernesto de Martino: secondo l'antropologo italiano il rito aiuta l'uomo a sopportare una sorta di "crisi della presenza" che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. I comportamenti stereotipati dei rito offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che viene in seguito definita come "tradizione".
Il sociologo Emile Durkheim ha invece messo in evidenza la componente sociale del rito, che permette di fondare o di rinsaldare i legami interni alla comunità. Sulla stessa linea anche l'antropologo funzionalista Bronislaw Malinowski.
La psicanalisi ha inoltre mostrato la presenza di una ritualità inconscia in gran parte dei comportamenti quotidiani umani. Le personalità di tipo maniaco-ossessivo sono le più soggette all'espressione di ritualità personali; un caso tipico dei nostri giorni è verificare di aver chiuso il gas uscendo di casa, oppure di aver chiuso la porta di casa o della macchina, molto comune è il camminare senza pestare le righe. I tennisti sono famosi per questo tipo di ritualità: far battere a terra tre volte la pallina, oppure allacciarsi le scarpe o controllare che i calzini siano bene allineati, vi sono una serie infinite di piccoli riti che se nella vita privata possono essere considerati piccoli fastidi o al limite anche sintomi di malattia, nel gioco del tennis sono normali e funzionali al raggiungimento di una alta concentrazione prima del servizio.
Che abbia un fine sociale o che sia strettamente personale, il rito ha bisogno di una partecipazione emotiva profonda, senza la quale cessa di esistere. Per questo è necessaria una componente estetica nel rito, differente nelle diverse culture e nei diversi tempi; il rito si deve evolvere per non perdere di significato. Per esempio nell'ambito della stessa religione, il cristianesimo, mentre per la cristianità occidentale cattolica il suono dell'organo è percepito come potenza e diventa quindi strumento "divino", per la cristianità orientale il rumore dell'organo è percepito come cacofonia, un orrore, niente di più lontano al sacro; pur non cambiando il contesto le differenti tradizioni hanno sviluppato sensibilità differenti che hanno generato riti differenti dalla stessa radice. In ambito non religioso si può portare l'esempio della corrida, per una parte tradizionale della popolazione è vissuta con passione, per un'altra parte della stessa popolazione, che ha sviluppato una sensibilità animalista la corrida è un orrore. La componente artistica fa si che i concerti rock o i megaraduni diventino rito o prendano il contorno di un rito e vengano vissuti con una forte partecipazione emotiva.


Il Genitore Culturale in Psicoterapia


La mia esperienza

Lavoro come psicoterapeuta in un piccolo paese di provincia e il mio target di pazienti, tra cui adulti e bambini, è prevalentemente residente nei paesini limitrofi, paesini dove forte sono le relazioni (fattore quest’ultimo, che penso sia molto rilevante nella questione Genitore culturale) e dove intraprendere un percorso di tipo psicoterapeutico è già di per sé fortemente “emancipante”.
Chi arriva alla mia “porta” infatti è già di per sè un piccolo portatore di cambiamento. Cambiamento, per sé, ma anche e inevitabilmente per la propria famiglia, e per il proprio gruppo di appartenenza, e infatti, in considerazione di ciò, sovente nel percorso di terapia, i pazienti portano contenuti di forti resistenze da parte di questi ultimi, rispetto ai nuovi modelli che il paziente una volta appresi, tenta di offrire nel contesto e familiare e gruppale.
La forte resistenza al cambiamento da parte non solo del paziente ma anche e soprattutto da parte di chi lo circonda, è prevedibile e atteso in ogni momento del percorso di terapia, ma uno dei momenti  a mio avviso più ostici è quando a cambiare c’è in ballo il Genitore Culturale di questi.
Va sottolineato che la significatività del Genitore Culturale, deriva dall'influenza della “cultura” del gruppo di appartenenza che viene trasmessa dalla famiglia nucleare, estesa e intergenerazionale (copione culturale della famiglia) ed anche attraverso le agenzie educative del sistema o subsistema sociale del gruppo (copione etnico-antropologico).
A testimonianza di tale influenza, anni di introiezioni, confermate e ridefinite in più momenti e nei vari rituali della vita del paziente, emergono con forza; e nonostante la loro attuale disfunzionalità sia palese sia invalidante, resistono.
Resistono perché il rischio è forte, spesso i pazienti portano il loro dispiacere nel sentirsi dire che sono “pazzi” o “che non ci stanno più con la testa” sol perché  si permettono di dire e di fare cose “altre”, diverse e non più condivise.
Una matrice di copione comune, che  riscontro spesso nella pratica terapeutica è la visione della vita che portano le pazienti donne nel processo di terapia, questa loro vita è fatta prevalentemente se non esclusivamente di pulizie, si pulisce da mattina a sera, si parla di pulizie fatte con i parenti e di quelle da dover ancora fare con le amiche, il loro copione vuole che siano donne pulite, che il grado di pulizia presente nella loro casa, darà la misura della loro “bontà”, pulita, sta per brava, brava moglie, che accudisce e tiene pulito il marito, brava madre, che accudisce  e cura i bambini, brava donna, che non trascura la casa,  brava vicina di casa che è vista sempre a casa attenta nelle faccende, che mai si distrae e che sempre, passasse un giorno, pulisce tutta la casa. La controingiunzione genitoriale facilmente evidenziabile è del tipo devi essere una brava donna di casa, devi essere perfetta, l’ ingiunzione riscontrabili sono del tipo, non sentire, non pensare, non essere importante, non riuscire, le  spinte del tipo sii perfetta, compiaci, confermato da un modello appreso dalla “donna culturale”.
Così mi presto a momenti di riflessioni e mi rendo conto che le mie pazienti poco si differenziano dalle donne indiane della Drego, che assolvono all’ingiunzione di “non essere importante” per poi reattivamente trasformarla in un sentimento di fierezza e di orgoglio.
Così, per chi non sente di compiacere, e aperatamente e dichiaratamente mostra la sua insoddisfazione, e per chi è meno disponibile alla gogna del paese e porta il sintomo, come ribellione a quanto viene richiesto (Eduardo insegna), si apre il duro percorso della psicoterapia.
       Ma sarà solo quando il SdR è totalmente disfunzionale e quando questa disfunzionalità non è più percepita in alcun modo come gratificante, che è possibile operare, affinchè ci si avvii verso un cambiamento che in gergo tecnico si chiamerà, e più avanti scopriremo il perché, “rigenitorizzazione”.
Poiché, diversamente il SdR, (derivante dalle introiezioni rinvenibili nel corso della prima infanzia tramite le figure parentali primarie portatore di una forte influenza sulla definizione di realtà, fiducia relazionale e stroke economy) frutto del migliore  adattamento ad opera del bambino libero (Schiff) con valore di sopravvivenza nei primi anni di vita, avrà la meglio, al punto da eclissare totalmente il disagio vissuto.
        Berne, a tal proposito sostiene che per comprendere il comportamento del cliente e per pianificare l'intervento terapeutico che lo libererà dalle restrizioni è fondamentale chiedersi quale sia la proibizione parentale che ha interiorizzato. I sintomi di cui spesso il cliente è portatore sono un sostituto dell'azione proibita e/o una protesta contro essa. Allo stesso modo, le disfunzioni più significative della patologia culturale possono essere lette come il derivato delle proibizioni rinforzate socialmente. Pertanto, si giungerà alla trasformazione sociale solo quando gli individui si libereranno delle ingiunzioni e delle proibizioni culturali e dai sottostanti miti religiosi che ne sono portatori mascherati.


Ipotesi di lavoro col GC in psicoterapia

Poco c’è in letteratura su come sia possibile operare con singoli pazienti, dove ci sono forti disagi provocati da un genitore culturale interiorizzato, altamente proibitivo, invalidante e disfunzionale; la Drego ci fornisce elementi su un suo lavoro, precedentemente descritto, dove attraverso un graduale processo di Rigenerazione del Genitore Culturale aumenta la consapevolezza dell'oppressione del G Culturale, al fine di liberarsene sostituendolo con un GC integrato di più nuovi e funzionali permessi ad opera dello stato dell’Io G, del G Materno e del G Paterno, delle nonne, dei nonni. Elaborando alla fine di tale processo, la stesura della carta dei permessi , redatti in gruppo e col gruppo, in sostituzione delle ingiunzioni. Il lavoro della Drego è incentrato sul gruppo e mirato al gruppo stesso, e valido mi sembra il pensiero di considerare il lavoro sul GC come un lavoro selettivamente finalizzato al gruppo qualora si vogliano apportare cambiamenti culturali e sociologici in una data realtà.
Diverso mi sembra il discorso col singolo paziente, dove la portata e il valore del GC riguarda il paziente e la sua storia anche se bisogna assolutamente tener conto, come sostiene la Drego, che l'impatto delle ingiunzioni sull'individuo è  dato dal copione familiare introiettato nello Stato dell'Io G come parte del G Culturale, dalle aspettative del G Culturale in altri membri del gruppo, e dall'Ombra Culturale nel G attivato o intrapsichicamente dal G° o interpersonalmente dagli altri membri del gruppo.
Sono dell’idea che il paziente, in questo caso necessiti di una sorta di genitorizzazione, dove il G del paziente sarà affiancato dal G del terapeuta, portatore di messaggi e permessi nuovi e funzionali al fine di integrare o sostituire messaggi e ingiunzioni non più gratificanti, in un primo momento con un G funzionale e successivamente se possibile? anche con un G strutturale.
Questa la mia idea di trattamento, si tratta di lavorare col G del paziente, col G in tutte le sue fasi evolutive a seconda del grado e della fase evolutiva di interiorizzazione delle ingiunzioni e delle controingiunzioni di natura genitoriale, (convinta dall’idea dei Goulding, secondo la quale  interiorizziamo continuamente genitori), idea  mutuata e ovviamente tarata sul paziente che si ha di fronte, dall’approccio di Jacqui Lee Schiff in merito alla genitorizzazione e in accordo con la terapia ridecisionale dei Goulding, in merito alla possibilità di ridecidere ad opera del B, e darsi permessi nel G. Approcci questi ultimi nati e messi in atto per problematiche innescate dallo stato dell’io genitore, e non penso contemplate per il GC, ma per una questione di “consanguineità” del G col GC, dove l’ordine di apparizione a mio parere se la giocano come l’uovo e la gallina, ritengo che attraverso un’appropriata taratura, tali metodi siano mutuabili anche su questioni di “GC individuali”.
Illuminante una lezione del mio maestro in merito al concetto delle TRE P, che stanno per permesso, protezione e potenza, tre elementi che sono a mio parere fondamentali in un processo di ridecisione o di transazione di permesso, in un processo dove c’è non solo la messa in discussione di sé, ma del proprio padre, del padre del proprio padre e così via.
Dove come sostiene giustamente A. Ferrara non basta essere consapevoli e dare permessi,  ma bisogna fornire la giusta protezione e coerenza, e tutto il tempo per assimilare tali possibilità, al paziente, affinchè tali permessi vengano integrati, energizzati e  messi a disposizione della propria vita.
Qui di seguito ho preferito riportare per intero la lezione registrata del maestro, lezione che ricordo aver commentato con pensieri entusiasmanti e di gratitudine, una lezione dove il senso del fare terapia “trova casa”.

Antonio Ferrara insegna che Permesso non significa libertà  indiscriminata, perché c’è una falsa libertà, in generale ma soprattutto nella nostra epoca, dove c'è confusione tra libertà e permesso nel il bambino che vive le sue esperienze.
Il bambino piccolo, il bambino naturale vive le sue esperienze d’ impulso, per istinto, ed è bene che sia così, da piccolo viene frenato perché l'impulso a volte non è coerente con il suo bisogno. Per esempio se il bambino ha bisogno di giocare, non so, di agitarsi e lo fa in una situazione di rischio magari in mezzo alle macchine che stanno passando, è ovvio che quell'impulso è deleterio.
Il bambino, quando frenato soffre, perché quello che lui vive è che non gli si permette quella determinata cosa, ma quello che il genitore vive è “io non voglio che tu mi muori sotto ad una macchina”, quindi c'è un conflitto subito, (sto parlando della gestione sana del bambino), ma il bambino non fa differenza per cui non c'è nulla che tenga, ed il bambino soffrirà comunque, poiché è la sopravvivenza che richiede dei freni e dei blocchi all'istintualità. Questo dobbiamo tenerlo come principio, e quindi non ci dobbiamo spaventare di frenare o reprimere, perché come è successo nella nostra epoca permissivista, i genitori si sono colpevolizzati ed hanno smesso di frenare anche quando era molto necessario, per cui i bambini hanno avuto poca struttura e perciò ci sono tante patologie di tipo borderline, di tipo antisociale, destrutturate.
E’ il fenomeno della nostra epoca e non è un fenomeno dell'epoca mia o dei genitori miei, dove era al contrario, allora c'era la repressione etica.
I vostri nonni, i miei genitori, avevano un modello repressivo basato sul “questo si fa o non si fa perché è bene o male”.
I genitori di oggi hanno un modello non repressivo per non far dispiacere o per non rischiare di non essere amati, per cui il bambino si sente paradossalmente senza riferimenti, ed è tra queste due polarità che bisogna gestire, per cui diventa difficilissimo essere genitore ed ovviamente anche essere terapeuta, perché un terapeuta ha una funzione genitoriale. Per quanto si dica che il terapeuta deve essere adulto, il terapeuta implicitamente è un genitore per molto tempo della terapia, forse per sempre ed è molto difficile che una terapia poi si trasformi in una forma di parità effettiva. I principi filosofici sono un conto, la realtà è un'altra.
E’ difficile che io sia amico di una persona, che tra l'altro mi stima molto e con la quale ho avuto un contatto anche intimo, mi riferisco a Claudio Naranjo, il principale maestro che ho avuto, ma ancora dopo anni io sento che lui è il maestro e non ci potrà essere una parità effettiva.
Io penso che quando il livello del maestro è effettivamente un livello del maestro questo va bene, non è un limite.
Una delle cose che mi colpì molto in un congresso della Gestalt fu che quelli della costa est, quelli della scuola di New York, quelli della terapia del contatto ad oltranza, contestano del nostro modo, e quindi del modo della costa ovest, che ci sia una leadership, un leader carismatico, perché dicono che così si perde autonomia, si perde libertà, per cui loro professano un gruppo alla pari senza maestri per crescere insieme, ma è come mettere dei bambini tutti insieme dicendo loro di crescere insieme. Ciò non è possibile, non è possibile che dei bambini si sviluppino senza un educatore esterno.
Quello che poi vado a scoprire con questo gruppo di persone è che la maggior parte sono omosessuali, cioè praticamente ammazzano il padre psicologicamente, salvo che poi se lo riprendono in un'altra maniera a seconda che sono attivi o passivi, però è la figura del padre in crisi, per cui anche la loro forma educazionale  perde il padre, almeno io così ho capito.
Allora io non penso così, penso che la guida, il maestro, l'ideale sono delle spinte importanti e degli appoggi importanti.
Questa è un'introduzione non prevista, ma pensando al permesso e pensando a quelli che fanno come cavolo gli pare, mi sembra abbia un senso.
Chiaramente l'equilibrio è difficile, però anche lì possiamo accettare.
In ogni caso permesso protezione e potenza sono le tre p che in Analisi Transazionale caratterizzano la qualità del terapeuta:
La prima persona che parlò di permesso e protezione fu Pat Crossman  con un articolo del 1966. Siamo agli albori dell'Analisi Transazionale organizzata.
Come tutti gli analisti transnazionali dell'epoca, lei parte da una forte componente umanistica, interessandosi molto agli affari del bambino, perché è il bambino che è portatore dell'umanesimo nella personalità.
Prima vi ho portato l'esempio di un bambino che riceve una proibizione in una fase di pericolo o di un bambino che riceve una proibizione semplicemente perché il padre è pazzo o semplicemente perché la sua etica è fuori misura, tutti questi messaggi vengono incorporati attraverso meccanismi di introiezione, la stessa cosa che succede con la incorporazione del genitore, in termini di Stati dell'Io, sono messaggi che vengono incorporati, però essendo incorporati non entrano grezzi e restano grezzi, ma vengono sempre filtrati dai nostri filtri interni che distorcono, deformano, aggiustano, completano facendo un lavoro per cui quei messaggi diventano altro.
Questo non toglie però che restino delle introiezione, delle incorporazioni, come lo spiegano molti autori in Analisi Transazionale come Claude Stainer, che parlò molto di genitore strega e genitore orco a seconda che fosse il padre o la madre, che è un po’ quello che Melania Klein rappresenta come la figura mostruosa della incorporazione materna.
L'altro giorno lavoravamo qui con un genitore strega, però finalmente questo mostro invincibile ha potuto incominciare a trattare; ancora è li, ma quanto di vero c'è di questa persona nella organizzazione che ha dato il bambino con il suo sistema di riferimento? E in ogni caso, questo è quello che conta ai fini del terapeuta perché questa introiezione è quello che lei presenta nella vita, è quello che lei presenta nella sua patologia, allora succede che quando avviene l'immissione di questi messaggi, quando avviene l'elaborazione interna, questi messaggi poi diventano stabili, criptici, chiusi e continuano a funzionare. In generale si parla di ingiunzioni perché sono dei veri e propri ordini ingiuntivi e in generale sono i messaggi che arrivano nell'età precoce, addirittura pre verbale, per cui sono particolarmente forti. Un urlo del papà fatto a sei mesi e diverso da una urlo fatto 18 anni. Il peso è diverso perciò diventa un'ingiunzione drammatica e questa ingiunzione drammatica poi simbolicamente assume le forme di strega, di orco, di mostro, e su questo mostro interno che il terapeuta ha necessità e l'impegno di intervenire.
Cosa facciamo con queste ingiunzioni, con questi mostri interni? Abbiamo bisogno di una transazione di permesso, cioè il terapeuta deve mandare, inviare al paziente, una transazione che permetta di rompere  questo blocco ingiuntivo dando il permesso al diverso, al nuovo, all'altro, a quello che sarà il cambiamento, alla guarigione. Questa transazione di permesso non può essere un semplice permesso dicendo "puoi", ma il terapeuta deve essere talmente potente nel dare questo permesso, che deve distruggere la figura genitoriale attiva, quindi il mostro, che è una cosa difficile e non da poco, per cui potenza ha a che fare anche con questo.
Quindi ci vuole un terapeuta potente che sappia dare un messaggio potente per poter scavalcare il genitore arcaico e mettere lui come nuovo genitore, come diverso genitore.
Il genitore attivato dal terapeuta è un genitore protettivo, che permette, che stimola, e solo se c'è un genitore potente e protettivo allo stesso tempo è possibile scavalcare il genitore naturale. Il fine ultimo è quello di provocare un cambiamento attraverso un messaggio transazionale.
In pratica il genitore del terapeuta si mette al fianco del genitore del paziente e in qualche maniera manda un messaggio al bambino che è di natura permissiva .
Perché questo messaggio arrivi al bambino ed abbia un effettivo potere, una effettiva forza, il genitore del terapeuta, deve essere più potente, del genitore della paziente. Per potenza si intende una forza, una capacità, una presenza, un valore, dicendo qualcosa e facendo qualcosa per cui il bambino possa dire "ah, si ".
Facciamo un esempio: una ingiunzione abbastanza comune come quella di non essere donna, di non essere del proprio sesso, spesso fa sì che donne si mascolinizzino, si desessualizzino, perdano una serie di qualità femminili perché hanno questo obbligo interno a non essere donne, magari perché la mamma non vuole essere superata come femmina e quindi dà messaggi repressivi, o perché si aspettava il maschio ed è arrivata la femmina, allora questa bambina decide che non sarà donna, una decisione arcaica, effetto di una ingiunzione che viene dal genitore che dice  "non devi essere donna". Ciò può avvenire anche indirettamente, ad esempio perché la bambina vede che il maschietto è preferito, riceve più spazio, ha più permessi, può andare a giocare e lei no, allora capisce che è meglio essere maschio e si organizza per essere anche lei forte. Quando ha introiettato questa ingiunzione, l'ingiunzione si trasforma in una decisione che resta perenne nel tempo. Allora il terapeuta deve rompere tutta questa struttura, e potenza significa che questo bambino si deve riprendere il suo diritto ad essere, ad esempio, donna.  
E quindi potenza significa metterci capacità, valore, forza, coraggio, non ritirarsi di fronte al fenomeno, quello che Pearls forse direbbe con la frase : "ho occhi per guardare e coraggio per fare". Però contemporaneamente non si può, con la potenza, buttare il bambino allo sbaraglio, poiché il bambino potrà sentirsi abbandonato. È come se il bambino si chiedesse: ora che ho fatto questo atto di coraggio, il terapeuta resta con me, oppure mi abbandona ed io resto solo ad affrontare questo cambiamento ? E quindi il terapeuta deve anche proteggere.
Ovviamente il terapeuta deve avere una convinzione forte che ciò che sta facendo per il paziente sia utile e che lui lo può guidare. Quindi potenza va associata a protezione ed allora si ha un permesso efficace. Quindi, in generale, quando si parla di transazione di permesso, ci si riferisce a questo tipo di relazione: un genitore, rappresentato dal terapeuta, che si affianca al genitore del paziente, e con forza, potenza e permesso manda un messaggio per rompere i nodi ingiuntivi arcaici.
Pat Crossman parla di intervento di tipo diretto al controllo sociale, quindi dovrebbe essere un intervento mirato, specifico, ma altri autori non parlano in questo senso, spesso tutto ciò non è sufficiente basta, ed ha un’efficacia relativa. La Crossman riduce tutto ad una transazione di permesso che può essere un momento di particolare forza o intuizione del terapeuta che lancia questo messaggio, che stimola una cambiamento, e questo certe volte non sempre avviene.
A prescindere se ciò avviene in un dato momento o è prolungato nel tempo, quello che ci importa è vedere, capire il principio che c'è dietro a tutto questo, quale è il senso sia per il cambiamento del paziente sia per l'attitudine del terapeuta, cioè che tipo di terapeuta ci aspettiamo, non un terapeuta solo potente, ma anche un terapeuta protettivo e che sia capace di dare i permessi quando veramente, in empatia con il mondo dell'altro, riesce a capire cosa gli serve, e questi atteggiamenti terapeutici si affiancano a quello che abbiamo visto in altri momenti come l'empatia, la frustrazione e la simpatia, se lo guardiamo dal punto di vista gestaltico, affinché ciò vada ad integrare il repertorio degli atteggiamenti e delle tecniche del terapeuta.
L'idea di Pat Crossman è un'idea molto parziale, io non so di fatto come lei lavorasse, ma da quello che emerge dalla sua teoria sembra che questo debba avvenire in un momento e di fatto questa era un può l'utopia della terapia ridecisionale, che nella ridecisione, che è una tecnica che vedremo più in là, si arriva ad un momento di profonda decisione mettendoci sentimenti, emozioni eccetera, cosa vera in quel momento, ma c'è tutto il fondo da tenere in conto, perché non è cambiato il fondo. Allora Halloway, che già avete sentito a proposito del contratto, contesta un pò la posizione di Pat Crossman, e dice che sicuramente la transazione di permesso è una transazione che elicita anche comportamenti nuovi, che stimola il cambiamento. Però così facendo, dice, gli analisti transazionali stanno forse alimentando l'illusione che ci sia una guarigione nella terapia e che cioè noi possiamo verificare una guarigione intesa allo stesso modo della terapia medica. Di fatto questa guarigione noi non la vediamo nella prassi della terapia, ma vediamo nel tempo dei cambiamenti. Quella che fa Pat Crossman è una terapia di controllo sociale, cioè mirata al piccolo fenomeno, al piccolo momento, un po' al sintomo, o al cambiamento comportamentale, e tutto questo ha un senso, ma è solo una infinitesima parte di quello che dovrebbe essere invece il percorso terapeutico che porta alla autonomia. E quindi lui parla di un contratto di controllo sociale e di un contratto di autonomia, e per fare una vera terapia dobbiamo mirare al contratto di autonomia. Allora il permesso è un momento del percorso, dove alla fine del percorso ovviamente ci sarà il permesso pieno, ma la transazione di permesso è un momento diverso dal permesso complessivo, quando veramente quella persona ha deciso di prendere la sua responsabilità, di essere quello che la natura ha detto che è, ad esempio donna, e vive da donna, con tutto quello che ne consegue. Anche in questo caso è chiaro che non sarà mai donna al 100% ma una donna un pezzo sì e un pezzo no, e questo fa parte del realismo di che cosa è un cambiamento effettivo, senza attendersi prospettive di perfezione, ma accettando prospettive di aggiustamenti, perché poi altre sono le vie per arrivare alla illuminazione. Vie che non è che non siano praticabili, ma non sono la base della prima psicoterapia. Quella via è ovviamente quella della ricerca spirituale, della meditazione. Quando questo diventa un processo naturale allora la mente si sistema in maniera diversa, le cose accadono in maniera diversa, si può aspirare a maniere diverse. Quindi ci sono delle forme diverse di essere terapeuti, momenti diversi nel percorso della terapia e obiettivi finali diversi: quando vogliamo il cambiamento in analisi transazionale, ma anche in gestalt, quello che chiediamo e che ci sia una ristrutturazione del copione.
Quindi non si lavora soltanto sull'ingiunzione non essere donna, ma anche su tutte le altre ingiunzioni che sono connesse, e su tutte le convinzioni profonde, i pensieri radicati, sulle emozioni che si sono adattate nel tempo e sono diventate falsificate, e quindi c'è tutto il processo di autonomia, perché l'autonomia deve portare a un livello di intimità, alla capacità di essere intimi, alla capacità di essere spontanei, e secondo Halloway di essere creativi, ciò che per Berne significa essere consapevoli, e per questo ci vogliono degli ingredienti. Però questo fattore della intimità e della spontaneità sono due fattori molto importanti, sia per la gestalt che per l'analisi transazionale, perché la spontaneità prevede che si dà di nuovo vita alle parti del bambino naturale, del bambino arcaico, proprio quelle parti che furono schiacciate, represse, eccetera, però con una visione e con un'ottica.... come dire che il bambino cresce se è accompagnato da un’ adulto, e la spontaneità stessa cresce se viene accompagnata dall'adulto, perché l'adulto comprende la razionalità, il senso etico, la capacità di emozionarsi, di vivere spontaneamente tutto il mondo interno, diversamente diventa una spontaneità ribelle.
Spontaneità è come mettere a zero, mettere a nudo le parti più fragili, più scoperte, più nascoste, più schiacciate, più represse e darne di nuove, perché con la spontaneità si arriva poi al rapporto intimo, dove per intimità si intende stare con l'altro, e quindi anche stare con se stesso perché c'è sempre un doppio binario intra psichico e etero psichico, dove per essere intimi si intende poter condividere profondamente i propri stati, che siano stati piacevoli o dolorosi, non c'è una distinzione in questo caso, il dolore è parte della intimità, perché è parte della vita, ma una cosa è reprimere e nascondere il proprio dolore, altra cosa è condividere spontaneamente il proprio dolore, senza vergogna, senza limiti; e una cosa è condividere il proprio amore spontaneamente ed altra cosa è nasconderlo, aprire il cuore è diverso che tenere tutto nel cuore, e probabilmente ha la stessa natura quell'amore o quel dolore, ma altro affare è quando sgorga, quando viene fuori, allora permette una relazione spontanea, intima, e automaticamente permette un cambiamento, perché la persona che si mette a nudo è una persona che già cambia, implicitamente cambia, e questo è un grandissimo permesso che la persona si dà, e questo è un grandissimo permesso che, per esempio, dà il gruppo, quando la persona, con una certa intimità, come via via gradualmente avviene, si esprime, si espone, si manifesta e l'altro lo può ricevere e può sentirne la qualità, le caratteristiche, il modo di essere.
Consapevolezza ovviamente ha a che fare con la coscienza di tutto questo che sto facendo. Che io ho amore incoscientemente, vale poco, ma se sono consapevole che quello che sto dando è amore, allora c'è tutta una energia diversa, c'è un implicito permesso a poterlo fare, perché c'è il permesso della coscienza. E questo stesso permesso lo da implicitamente il terapeuta, non c'è bisogno di fare la transazione di permesso, ma è un insieme di transazioni che ti dicono "puoi". Quindi il primo permesso il terapeuta lo da facilitando che questo succeda, che questa espressione spontanea succeda, come io faccio nel gruppo quando dico “datevi feedback”, “scambiatevi cose”, e questo forse è il permesso più importante che dà la terapia di gruppo, cioè quando le persone possono intimamente scambiare, e ripeto, non intimamente scambiare fatti buoni, positivi, amorosi ma anche fatti negativi, dolore, problemi, perché il bambino strutturale, quello che è ancora dentro, osserva tutto ciò e si modifica, lui stesso prende il permesso, e quindi automaticamente anche il copione cambia. Se il bambino arcaico che ha avuto divieti, divieti e divieti, vede la parte matura adulta che fa e ottiene, si rassicura, scopre che può. Allora ovviamente io sono più d'accordo con Halloway quando dice che le transazioni di permesso sono un momento, ma il processo terapeutico ha un altro valore. I permessi arrivano anche dalla relazione terapeutica, avvengono anche attraverso il modello del terapeuta, avvengono soprattutto per quei momenti di profonda empatia o di profondo rifiuto che possono nascere nella relazione terapeutica, perché la relazione terapeutica non è sempre fatta di empatia, presenza, comprensione, sostegno, ma è fatta anche di conflitto, è fatta anche di rotture, è fatta anche di transfert e di tutto quello che fa parte del bagaglio, ma tutto quello è strumento per arrivare poi ai permessi.
Quindi non bisogna temere e neanche evitare i permessi, voglio dire che c'è la corazza e continuo a preservare la corazza per timidezza, perché non prendo l'ardire di essere potente, perché mi intimidisco, penso che faccio male eccetera, tutto questo non da permesso. Quando c'è il coraggio di entrare anche nel conflitto, anche nel nero, nel negativo della relazione rischiando anche il rifiuto, il terapeuta che non rischia il rifiuto e vuole essere sempre amato, non va molto lontano, il terapeuta è soggetto al rifiuto, è proprio il ruolo che lo prevede, non perché dobbiamo creare la nevrosi da transfert e tenerla chissà quanti anni perché poi finalmente quello capisca che nel qui e ora questo non è né il padre né la madre, non è questo che ci interessa, ma ci interessa che però ci siano delle realtà con le quali confrontarsi, la realtà è che il terapeuta è un uomo .
Anche questo è un permesso: comunicare e far intendere al paziente che il terapeuta non è quello con la sfera magica che risolve ogni cosa, il terapeuta è un uomo e come tale è limitato, quindi non ti puoi aspettare che il terapeuta ti salvi, il terapeuta collabora, e qui entriamo in un discorso contrattuale, collabora perché tutti posso trovare le strade, e questo è un permesso enorme perché la prima fantasia che si fa il bambino è che il papà è onnipotente, che il papà è un gigante, che il papà è un Dio, che papà è un enormità e io non sarò mai a quella altezza, questo è il primo senso enorme di inferiorità che ha il bambino rispetto al padre, e quindi quando impara via via che il terapeuta non è un padre eterno, ma non è neanche un mostro, perché se io divento via via maturo e responsabile, anche se è cattivo non mi può colpire più, quindi la verità anche del terapeuta facilita i permessi, riduce le paure, le soggezioni, eccetera.  


Conclusioni

Questo lavoro per me ha rappresentato momenti di alterne emozioni, il tema affrontato è un tema che ha avuto notevole importanza nelle mia vita, il genitore culturale incide fortemente sulla qualità della vita di una persona, qualora si manifesta in maniera disfunzionale e disattendendo i propri bisogni.
Ma allo stesso tempo il GC, rappresenta le nostre origini, è la nostra radice, ci dà la dimensione del tempo e dell’essere, consapevolizzarne l’esistenza è importante, riconoscerne il valore è fondamentale, sapere che è possibile riconoscerlo, rinnegare o recuperare è arricchente.
Un paziente che viene in terapia, quando arriva non è mai solo, insieme a lui, oltre i suoi genitori entra anche  il suo paese.



BIBLIOGRAFIA


Drego P., The cultural parent, in Transactional Analysis Journal 13, 1983

Goulding M., Goulding L., Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale, 1983, Astrolabio

Kahler T., Carpers H., The miniscript. Transactional Analysis Journal 4.1, 1974

Schiff J.L., Analisi transazionale e cura delle psicosi, Astrolabio, Roma, 1980



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